martedì, ottobre 13, 2020

SCHELLING ab-soluta




SCHELLING

Nel febbraio 1988, la Gesamtausgabe delle opere di Heidegger si è arricchita del testo delle lezioni del 1936 e degli appunti del 1941-43 sul problema della libertà in Schelling, già pubblicato separatamente nel 1971 a cura di Hildegard Feick.

La prima apparizione di questa opera, senz'altro fra 'le più importanti ed esplicative di Heidegger" fu commentata in Italia da Valerio Verra e Pietro De Vitus3.

La proposta di lettura venuta da Verra era orientata in senso storico-filosofico. 



Il testo heideggeriano fornisce infatti la possibilità di saggiare direttamente la consistenza del rapporto con l'idealismo tedesco, anche alla luce delle proposte interpretative già formulate da Walter Schulz in un libro divenuto ormai un punto di riferimento imprescindibile per gli studi sul secondo Schelling.  

L'immagine di un tardo Schelling precursore dell'esistenzialismo

in quanto gi� oltre l'idealismo, secondo Schulz, non regge: "Non � contrappo-

nendo l'ultimo Schelling all'idealismo, ma considerandolo invece come il

1 M. HEIDEGGER, Schelling: Vom Wesen der menschilichen Freiheit (1809),

Prankfurt am Main 1988, Klostermann; ID, Schellings Abhandlung �ber das We-

sen der menschlichen Freiheit, T�bingen 1971, Niemeyer Verlag. Il testo non � an-

cora tradotto in italiano, mentre Jean- Fran�ois Courtine ne ha curato la traduzione

in francese: M. HEIDEGGER, Schelling,. Le trait� de 1809 sur l'essence de la libert�

humaine, Paris , Gallimard 1977.

2 G. SEMBRAR!, hisecuritas. Tecniche e paradigmi della salvezza, Milano

1982, Spirali, p. 216.

3 V. VERRA, Heidegger, Schelling e l'idealismo tedesco, in "Archivio di filoso-

fia", 1974, 1, pp. 51-71 e P. DE VITUS, Schelling secondo Heidegger, in "Rivista di

filosofia neoscolastica", 1975, 3, pp. 516-524.

W. SCHULZ, Die Vollendung des deutschen Idealismus in der Sp�tphilosophie

Schellings, Stuttgart 1955, Kohlhammer. A questo testo occorre affiancare subito,

per quanto vedremo, il libro di K. JASPERS: Schelling. Gr�sse und Verh�ngnis,

Monaco 1956 (Neuausgabe 1986), Piper.


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compimento di quel tipo di filosof�a che si possono coglier le affinit� effettive

della sua posizione con la filosofia dell'esistenza e, in particolare, con quella di

Heidegger" (Verra, p. 56). H Dab di Schelling e il Nulla di Heidegger hanno,

su registri diversi, la stessa funzione: indicare la finitezza, superare Hegel e la

metafisica come identificazione dell'essere con l'essente.

A proposito di questo libro di Schulz nonch� dello Schelling di Jaspers,

recentemente X. Tilliette ha evocato il suggestivo articolo che un altro esi-

stenzialista, Gabriel Marcel, ricav� dalla loro lettura5. Con esso il Marce] tor-

nava a riflettere sui debiti precocemente contratti con il pensiero schellin-

ghiano. Circa le preferenze di Marcel, Tilliette ha rimarcato la favorevole im-

pressione esercitata su di lui dal saggio di Schulz e dall'avallo di Heidegger,

dal quale apparve "come stregato". Un filo rosso congiunge l'intuizione intel-

lettuale alla tarda "estasi razionale" di Schelling, ma anche alla "intuizione ac-

cecata" di Marcel, che Tilliette precisa come "intuizione credente"6.

Il confronto di Heidegger con l'idealismo tedesco e con le Ricerche filo-

sofiche sull'essenza della libert� umana di Schelling, secondo Verra, mette in

luce soprattutto l'importanza e il senso dell'idea di sistema, che per

Heidegger � divenuta centrale nel pensiero moderno a seguito di una mate-

matizzazione che apre al mondo della tecnica. Nonostante le cautele che

Verra invitava ad usare nei confronti del matematismo ideal�stico, egli stesso

avvertiva che, in ogni caso, la matematica come la intende Heidegger non

vale tanto come la scienza che tutti conosciamo, quanto come un ben preciso

progetto di assiomatizzazione del mondo. Un esempio eminente della

"volont� di sistema, che per l'idealismo, secondo Heidegger, ha come fonte

diretta Kant, si trova appunto nelle Ricerche schei li nghiane, e in una ma-

niera necessaria e decisiva. Non che Schelling venga con ci� indentificato

semplicemente con un punto finale, come per molti e per molto tempo � stato

il caso di Hegel. Se in Schelling vi � "compimento", � perch� al sistema viene

finalmente articolata la stessa libert�, apparentemente irriducibile ad esso.

Questo "compimento" � anche l'annuncio di un "nuovo inizio": in realt� per

Heidegger queste Ricerche sono da leggere alla luce del "non-pensato". Tali

indicazioni ermeneutiche permettevano a Verra di insistere sul rapporto che

Cfr., X. TILLIETTE, Schelling e Gabriel Marcel: un "compagno esaltante", in

"Annuario filosofico", 3, 1987, pp. 243-254; cfr. G. MARCEL, Schelling fut-il un pr�-

curseur de la philosophie de l'existence?, in "Revue de M�taphysique et de Morale"

1957,1, pp. 72-86.

6 Si vedano: L. PAREYSON, Lo stupore della ragione in Shelling, in

Romaticismo, esistenzialismo, ontologia della libert�, Milano 1981, Mursia, pp.

137-180 e C. CIANCIO, Reminiscenza ed estasi in Schelling, in "Annuario filoso-

fico", 2, 1986, pp. 97-117.


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Fondamento-abisso, libert�-necesit� 117

la filosofia intrattiene con la sua storia, nonch� sulla diversa valutazione di

quest'ultima da parte di Heidegger, rispetto soprattutto a quella hegeliana.

Da parte sua P. De Vitus tendeva a ribadire l'importanza che Shelling

ha avuto per Heidegger. Alla fine della via heideggeriana che passa per

Schelling vi � Nietzsche. Anche De Vitus, sottolineando la scarsit� di lavori

monografici sul rapporto Heidegger-Schelling (la situazione attuale non �

molto diversa), doveva riferirsi essenzialmente al testo di Schulz e

aggiungeva a quet'ultimo soltanto la citazione di un saggio di O.

Laffoucriere, per riportarne una dichiarazione secondo la quale Heidegger

avrebbe riconosciuto pubblicamente in Schelling un "padre" del suo

pensiero7.

Il volume su Schelling dimostra per De Vitus che Heidegger ha ben di-

stinto tra Fichte, Hegel e Schelling e di quest'ultimo ha comunque valutato

positivamente l'apertura del "nuovo inizio", anche se Schelling non � andato

cos� lontano come H�rderlin su questa strada. Nella prospettiva scelta da De

Vitus, a risaltare maggiormente nel libro di Schelling � il problema del male -

che deriva dal fondamento in Dio e non da Dio stesso -, e, nel libro di Heideg-

ger, la valutazione di tale fondamento come la possibilit� di rottura del si-

stema, prima ancora che ne apparisse la massima espressione, ovvero la Lo-

gica di Hegel. L'esistenza, che Schelling articola al fondamento (Grund),

per Heidegger autorivelazione e, dunque, non semplice Vorhandenheit: exi-

stentia intesa come un "aus sich Heraustreten". In secondo luogo, l'essere di

Dio � pensato propriamente come un Geschehen, come un accadimento che

implica pertanto un essenziale divenire. Nel nesso tra fondamento ed esi-

stenza Heidegger ritrova inoltre un precorrimento dell'essere come

Lichtung, "spazio aperto", "radura, in cui gli enti si fanno visibili al pensiero e

che di per s� nasconde"8.

A tale riguardo s� pu� aggiugere che lo stesso Heidegger ha raccontato di aver

scoperto per la prima volta l'importanza di Schelling (e di Hegel) in relazione alla

teologia speculativa, e precisamente grazie alla mediazione di Cari Braig, suo do-

cente di dogmatica nel corso di teologia che comp� nel 1911: M. HEIDEGGER, Tempo

ed essere, Napoli 1980, Guida, p. 184.

Si pu� aggiungere che negli appunti risalenti agli anni tra il 1936 ed il 1946 se

ne trova uno in cui Heidegger si lamenta del fatto che �'existentia venga conside-

rata nella metafisica come qualcosa di ovvio con le uniche eccezioni rappresentate

dal concetto aristotelico di EVepYElOC (poi falsato dalla traduzione latina in

actualitas ) e, successivamente, da Hegel e da Schelling. Per� Hegel rimane sul

piano della "logica" e Schelling pensa l'esistenza "nella distinzione tra Grund ed

Existenz ", che a sua volta "si fonda pur sempre nella soggettivit�" (M.

HEIDEGGER, Oltrepassamento della metafisica, in Saggi e discorsi, Milano 1976,

Mursia, p. 49). Nello stesso testo, e precisamente nella conferenza del titolo: Chi � lo


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Carlo Tatasciore

Sia Verra che De Vitiis sottolineavano l'indicazione da parte di Heideg-

ger di una premessa non portata da Schelling fino alle sue estreme conse-

guenze ne��'Ur-Grund (l'indifferenza assoluta) che viene posto alla base

tanto del Grund che della Existenz e che non ammette alcun predicato. Hei-

degger scrive in proposito: "Se l'essere in verit� non pu� esser detto

dell'Assoluto, allora ci� comporta che l'essenza di ogni essere sia la finitudine,

e che solo ci� che esiste in modo finito ha il privilegio e la pena di stare

nell'essere in quanto tale, e di esperire il vero come ente" (tr. De Vitiis, p. 523).

Pi� di Verra, invece, De Vitiis insisteva sul problema del fondamento.

Questa nozione occupa le numerose pagine del volume di M. Veto: Le fonde-

ment selon Schelling 9, giacch� essa, secondo l'Autore, costituisce il tema co-

stante del filosofare sche�linghiano. Il fondamento � condizione di esistenza

di ogni cosa ed anche di Dio, che per� l'ha in se stesso, come una natura. Se

l'esistenza � unit�, ordine, luminosit� e personalit�, il suo fondamento � sem-

pre molteplicit�, oscu�it�, impersonalit�. E' opportuno segnalare, per�, che

nonostante ci� e nonostante il fatto che sia stato Schelling a reintrodurre ter-

mini ontologici fondamentali, quali: Sein, Seiendes, Dasein, Existenz, Exi-

stierendes, Wesen, il suo pensiero � giudicato da Veto sostanzialmente come

una "reinterpretazione creativa del fichtismo" (p. 19).

"Ogni cammino corre sempre il rischio di diventare un erramento...

Rimanga dunque in questo buon stato di bisogno sulla via e impari, senza

sviamenti bench� nell'errare, il mestiere del pensiero". Cos� Heidegger scri-

veva, il 18 giugno 1950, ad un giovane studente10. Si pu� dire che, dopo Hei-

degger, � "sentieri interrotti", gli intoppi e le tergiversazioni di cui � intessuta

l'esistenza non trovano pi� nella filosofa un luogo di possibile trasfigu-

razione, ma semmai di pura presentazione. E' quanto in fondo si ricava anche

dalla lettura del volume di Filippo Costa: Fondamento, ragione, abisso,

Heidegger e Schelling (Milano 1985, F. Angeli), nel quale troviamo, nono-

stante i limiti impostisi dal Costa, un ulteriore contributo italiano allo studio

del rapporto tra i due filosofi, soprattutto riguardo al giudizio di Heidegger

sul "sistema della libert�".

Zarathustra di Nietzsche? (del 1953), compare la fondamentale citazione delle Ri-

cerche schellinghiane: "In ultima e suprema istanza, non c'� altro essere che il

volere" (Op. cit., p. 74), che gi� De Vitiis ricordava.

9 M. VETO, Le fondament selon Schelling, Paris 1977. Beauchesne.

10 M. HEIDEGGER, La cosa (Postilla), in Saggi e discorsi, cit., p. 124.


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Fondamento-abisso, libert�-necesit�

La metafisica del fondamento e la sua fenomenologia sono gli argo-

menti principali del libro,sui quali pesa l'intera storia della metafisica fatta

oggetto della nota Verwindung heideggeriana11.

L'idea ambigua e metaforica di fondamento tradisce la sua origine pri-

maria nel problema del senso dell'essere in rapporto all'esserci. L'ambiguit�

del fondamento, individuabile nei termini di ragione e abisso, �, in altre pa-

role, specchio dell'esistenza. L'intera fenomenologia del fondamento, come

scrive Costa, "si produce come defondazione dell'essere", e questa "coincide

con l'esser-ci, poich� costituisce il senso della vita umana nel suo attuarsi e

consumarsi " (p. 8). Dove sta, qual � "il luogo proprio del fondamento"?

Questo luogo non � la scienza: "Alla scienza non si addice il fondamento".

Questa � la conclusione a cui si giunge tenendo conto, come fa Costa, delle ri-

flessioni di Aldo Gargani. Nella misura in cui il fondare, il dare ragioni, nella

scienza continua a valere come istituzione del fondamento-certezza, essa

deve liberarsene. "Si tratta di produrre un diverso senso d� certezza scisso

dall'istanza del fondamento", e questo senso nuovo � da rintracciare, come ha

scritto Gargani, "all'interno della dinamica scientifica stessa", cos� da sfuggire

agli altrimenti inevitabili schemi precostituiti di "razionalit� astratta". N�,

d'altra parte, il fondamento assoluto pu� emergere dal diverso rapporto che

la vita instaura con le scienze in quanto esse " 'danno fondamento' al nostro

sapere ed agire" (p. 21). Allora, l'insoddisfazione e la ricerca umana possono

persistere e trovar spazio in ci� che si continua a chiamare "metafisica".

Questa �, per Costa, "l'altro rispetto alla scienza, intesa in generale come

luogo del proprio" (p. 18). Ci� che soprattutto � ancora da tematizzare � il ne-

gativo del fondamento, il suo essere indizio di dubbio e di rischiosit�. La pro-

posta di Costa � quindi quella di esplorare "le possibilit� del negativo", sotto la

guida di Heidegger, che non � filosofo della conciliazione tra ragione e abisso,

in una posizione di incerto equilibrio tra dogmatismo e scetticismo del fon-

damento, tra la sua pura affermazione e la sua pura negazione.

Inteso in senso strettamente metafisico, il fondamento costituisce una

vera e propria violenza esercitata dal pensiero su se stesso, se � vero che con

esso si va oltre l'essere stesso, a quell"f/r Grund che, � la B�hme, pu� dirsi

anche Un Grund , cio� fondamento originario come fondamento nullo. Ma

anche nell'ecclissi della ragione, nel sacrificio del pensiero o nel "naufragio"

nel quale si annuncia la Trascendenza di cui ha parlato Jaspers, si rivela

11 Cfr., M. HEIDEGGER, Oltrepassamento della metaf�sica, in Saggi e discorsi,

cit., pp. 45 e ss. Si vedano anche le osservazioni di Vattimo sul senso di

Verwindung contenute nel capitolo conclusivo del volume: La fine della moder-

nit�, Milano 1985, Garzanti, pp. 180-182.


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nient'altro che il lato paradossale della potenza dell'intelletto chiarificante e

fondante.

Le "prospettive heideggeriane" sono aperte da Costa col richiamo ai due

lavori contemporanei Was ist Metaphysik? e Vom Wesen des Grundes, pre-

sentati da Heidegger, vent'anni dopo la loro prima apparizione (nel 1949), in

un orizzonte di convergenza verso il problema del Nulla piuttosto che verso

quello del fondamento. Nel frattempo, infatti, Heidegger ha operato "uria di-

struzione storica dell'ontologia del fondamento". Pertanto il discorso riprende

da Essere e Tempo, dove c'� sta una critica del fondamento-sostanza di Car-

tesio - inquadrato in un ambito teorico di occultamento del senso dell'essere e

di una sua riduzione a semplice presenza -, sia anche un'assimilazione del

fondamento alla struttura dell'esserci, cio� alla temporalit�, e all'essere pre-

ontologico, in una prospettiva disoccultante nei confronti dell'essere. Ma an-

che a questo livello Costa sottolinea un'ambiguit�, quella che riguarda

l'essere stesso: "L'essere � esso stesso il fondo e il fondamento, ma �

altrettanto la manifestazione o rivelazione che ha luogo in ci� che �,

nell'evento, nel mondo... e proprio nella libert� dal fondamento" (p. 33).

Alla luce dei testi successivi di Heidegger (Der Satz vom Grund, Identi-

t�t und Differenz, Zur Sache des Denkens, Die Technik und die Kehre, Weg-

marken e Holzwege ), Costa ripropone un percorso che tocca l'intreccio tra

esserci, ente ed essere, quindi la differenza ontologica e il concetto di ante-

predicati vita, che pure rientra nella problematica del fondamento. Con

Leibniz e dopo Leibniz, sotto la guida del principium reddendae rationis, il

fondamento perde la sua intrinseca problematicit�, mentre con Kant finisce

per trasformarsi nel sistema del trascendentale, fino a naufragare, in Fichte,

nell'io, che usurpa il fondamento all'essere. Nella ulteriore ricerca del fonda-

mento del pensiero stesso si ritrova poi il mondo romantico del sentimento e

la poesia notturna degli Inni di Novalis. Ma in Novalis il morire, la morte

della riflessione � ancora teso alla libert� romantica e comunque a un neces-

sario riscatto. La defondazione dell'essere ritorna invece nella fenomenologia

husserliana: "La filosofia � una questione strettamente personale del filosofo".

Fa da guida un io "ridotto" e alla fine l'esserci viene in chiaro della sua fini-

tezza: crisi attuale della metafisica.

Se il modo in cui l'ente si affida all'esserci � il principio di ragione, Hei-

degger rimanda invece alla tautologia esistenziale profferita da Angelo Sile-

sio, al fondamento senza perch�, alla gratuit�, all'essere come infondato,


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all'abisso. Una volta infatti che il fondamento � ridotto a principio, di esso non

resta che la "nostalgia" nel poetare metafisico 12.

Non mancano nel testo di Costa gli accenni alle riflessioni heidegge-

riane sull'et� atomica e sull'oggi del nichilismo, ma lungo e complesso sa-

rebbe riferire qui sulle sintesi compiute. Si vuol solo richiamare l'attenzione

sugli aspetti che riguardano il modo in cui Heidegger sviluppa il tema del

fondamento a proposito dell' "et� della tecnica essenziale". Egli impiega la

semantica del tedesco Berg (montagna) e il modello dello scavatore: il fon-

damento � ci� che sta sotto, nel sottosuolo, come il minerale che viene estratto

per la sua lavorazione tecnica. In questa et� l'uomo � chiamato ad un conti-

nuo dissotterrare, ad un continuo dar fondo al fondamento.

Considerazioni ugualmente importanti vengono svolte a proposito del

testo ricompreso in Sentieri interrotti, che ha per titolo la domanda di Hor-

derlin: "Perch� i poeti? (nel tempo della povert�)". Il suo esame � condotto da

Costa nell'ultimo capitolo, che � incentrato su un'altra parola filosofico-poe-

tica: "l'Aperto" di Rilke. Nel mondo inteso come l'Aperto, la libert� (particella

"los" pi� che Freiheit ) � liberazione dal peso del fondamento come fondo.

Qui si trovano i due momenti dell'ente come esposto al destino del mondo ep-

pure da esso sostenuto, e il fondamento non vale pi� come sfondo, profondit�

con possibili sprofondamenti, ma semplicemente come l'essere-con, come la

Mitte, luogo del mit, dell'essere-con. In termini pi� chiari, alla relazione

basso-alto si sostituisce quella dell'orizzontalit� e della superficialit�. Rischio e

mancanza di protezione si coniugano nell' "Aperto" di Rilke con una

interiorit� vissuta come essenza di fondamento. Qui risiede una forma di

sicurezza, ma � solo, quella della parola poetica. Siamo, dunque,

esplicitamente al tema della defondazione dell'essere che percorre anche

altre vie: una vissuta assenza di fondamento, una decisione esistenziale, uno

sradicarsi assumendo a fondamento un non-fondamento; � la via dell'

"assenza di Dio", rispetto a cui in Heidegger si profila un "verso dove" ignoto,

oppure un senso dell'esistere come "abitare" (essere-sulla-ierra ) e quindi una

rifondazione sul vero suolo dell'esserci (la terrestrit� � mortalit�). O, ancora,

una serenit� e apertura a] "segreto", che per� non appartiene pi� alla volont�,

ma ne � liberazione cos� come � salvezza dal "pensiero calcolante"; o, infine, la

vera e propria heideggeriana Gelassenheit, l'abbandono (che, si noti, �

12 Cfr. M. HEIDEGGER, Saggi e discorsi, cit., pp. 70-71: "Nella parola Sehnsucht

noi vediamo erroneamente una connessione con il "cercare" (suchen) e il "sentire

un impulso". Ma l'antica parola Sucht significa: malattia, sofferenza, dolore... La

nostalgia � il dolore della vicinanza del lontano".


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termine impiegato anche da Schelling) alle cose, attesa infondata di un

nuovo fondamento.

Nella parte centrale del libro viene esaminato il posto decisivo occupato

da Schelling nello sviluppo della metaf�sica del fondamento. I riferimenti

fatti sono quei luoghi delle Ricerche filosofiche e della Filosof�a della rivela-

zione, dai quali risultano la problematica del Grund-Abgrund, del fonda-

mento-abisso e la questione del cominciamento della filosof�a �eWUr-Sein

che � volere. Ed � nel quinto capitolo ('Schelling e il riscatto dall'abisso') che

Costa affianca alla lettura di Schelling quella del testo heideggeriano su

Schelling. H fulcro della trattazione � rappresentato dal problema del male. E'

nell'essere dell'uomo, infatti, che, secondo Schelling, la negativit� del fonda-

mento viene a completa manifestazione. Ma il fondamento custodisce anche

la libert�, in quanto questa � libert� del bene e del male. C'� un passo decisivo

di Schelling che in propasito va ricordato e che non si trova nel testo di Costa:

"il male, come tale, non pu� costituire il fondamento, e ogni creatura cade per

propria colpa"13. Secondo la lettura heideggeriana, con il problema del male

e della libert� emerge un "fondo oscuro dell'entit� doll'ente", ovvero "ci� per

cui esso resiste alla razionalit� del sistema". H pensiero del male sorregge

anche l'idea di creazione, nel senso che al 'pessimismo metafisico' Schelling

oppone un 'ottimismo della creazione', giacch�, secondo la teoria esposta

nelle Ricerche, alla volont� del fondamento contrasta l'amore di Dio, il quale

ha "consumato in s� il suo fondamento", dando spazio alla volont� creatrice.

Commentando un brano di Heidegger, Costa rileva come il problema del

male venga a prospettare "un pi� d'essere oltre l'esser determinato secondo

leggi e fondamento di ragione" (p. 136). Il pensiero del male � un'intuizione

teologica imprescindibile per Schelling. Ma il problema idealistico del si-

stema richiede a questo punto la comprensione in esso anche del negativo

esistenziale. Perci� Schelling intende il fondamento o il male "come potenza

che non pu� mai tradursi in atto". Comunque, n� in Schelling n� in Heidegger

si ha una filosofia del dolore. Anzi, "per virt� del negativo del fondamento la

ragione cede all'abisso e ha cos� contatto con l'Assoluto" (p. 138). Nel ritorno

dalla pura idealit� alla realt�, il fondamento riacquista la sua negativit�, poi-

ch�, come scrive Schelling, "il fondamento delle cose pu� consistere soltanto

in un allontanamento, in una caduta dall'Assoluto". Al limite di questo allon-

tanamento � posto l'io, l'egoit�, "fondamento indiretto della finitezza, che non

ha alcun fondamento diretto o proprio" (p. 141). H fondamento finisce cos�

13 F. W. SCHELLING, Ricerche filosofiche sulla essenza della libert� umana,

tr. it. di S. Drago Del Boca riv. da G. Semerari, Bari 1974, Laterza, p. 56.


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Fondamento-abisso, libert�-necesita

per essere, nel pensiero di Schelling, non la ragion d'essere delle cose, ma del

loro non-essere. Nel complesso si pu� dire che Costa mette in rilievo anche a

proposito di Schelling l'ambiguit� che accompagna il fondamento. Anzi,

"senza un costante disagio teoretico non ci si pu� avvicinare all'idea schellin-

ghiana di fondamento. Essa ripete in s� l'insoluto contrasto di ragione e

abisso che fa il senso dell'esserci umano" (p. 159). In Schelling il sentimento

privilegiato del fondamento � la "melanconia", la "depressione", in quanto ci�

che d� una qualche stabilit� alla vita � inerzia, natura, passato, attrazione

verso il fondamento e, quindi, distrazione dall'estrinsecazione propriamente

vitale. In Schelling, del resto, oltre l'abisso (il fondamento come abisso), c'�

anche il riscatto dall'abisso per l'azione della luce divina, ovvero della con-

nessione razionale. H fondamento assume la figura del sistema. Schelling

dunque propone il sistema e al contempo il fondamento che ne rompe la ne-

cessit�, aprendo invece il senso dell'esistenza. Ma � qui forse opportuno con-

cludere con un brano di Costa che riassume il punto di vista di Heidegger,

centrato sul significato ontologico del sistema: "L'essenza del sistema � la vo-

lont� di conquista, di potenza. H senso ontologico del sistema si trova spiegato

in questa riduzione alla soggettivit� volente, della quale non si d� pi� ragione,

poich� essa, come vide Schelling, altro non � che la volont� del fondamento, il

fondamento esistente nella sua eterna impossibilit� di accedere all'esistenza

luminosa. Ma Heidegger lascia cadere il momento salvifico e risolutivo della

metafisica schellinghiana del fondamento. Alla fiducia di Schelling nella

chiarificazione intellettuale, sostenuta dall'amore di Dio, si sostituisce in

Heidegger l'eco rinnovato della potenza del fondamento nelle figure costrit-

tive del sapere razionale" (p. 156).

Anche al di l� della interpretazione che Heidegger ha elaborato della

schellinghiana filosofia della libert�, � possibile affermare - come ha fatto

Giuseppe Semerari - che il suo pensare � "la prosecuzione novecentesca della

filosofia schellinghiana"14. Nel suo volume dal titolo: Libert� dell'uomo e

necessit� dell'essere. Heidegger interpreta Schelling (Bari 1988, Ecumenica

Editrice), Costantino Esposito preferisce parlare di "affinit� elettiva" tra i due

filosofi, affinit� che si rivela soprattutto nella volont� di decostruire la

metafisica moderna. Con Schelling, secondo Heidegger, si affaccia

14 G. SEMERARI, Teoresi e poeticit�. La semantica schellinghiana della natura,

"Paradigmi", III, n. 9, sett. - die. 1985, p. 359.


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Carlo Tatasciore

l'oltre passam en to della metafisica, nel senso di un fatto destinale che rigu-

arda l'essere nel suo darsi nell'epoca moderna. Non � dunque affatto casuale

che venga a presentarsi nella sua radicalit� il problema della libert�, la quale,

intesa metafisicamente e in rapporto al sistema, non � una semplice qualit�

dell'uomo, ma semmai la fonte della sua stessa essenza, o, nei termini di Hei-

degger, una "determinazione del vero e proprio essere in generale". Per la

prospettiva assunta dall'Autore ed evidenziata nel titolo, e per fornire un qua-

dro il pi� possibile vario delle problematiche di cui si sostanzia il rapporto

Heidegger-Schelling, � utile in questa sede mettere in luce alcune riserve, o

forse preoccupazioni, che vengono avanzate da C. Esposito nei confronti di

Heidegger lettore di Schelling. Centrale ci sembra per l'Autore la valutazione

del rapporto di Schelling con il cristianesimo, nell'ambito della ricostruzione

che Heidegger ne fornisce. Alla fine di un percorso puntuale e preciso, dal li-

bro di Esposito emerge la volont� di rivendicare la positivit� di un "mistero".

E precisamente del mistero di cui il cristianesimo viene privato da Heidegger

quando egli lo riduce a morale e riferisce la sua apertura metafisica all'esser

stesso. Il cristianesimo viene ad essere "un evento necessario nella storia

dell'essere, che interpreta in una certa maniera un'attitudine pre-cristiana

della metafisica" (p. 99). Come lo stesso Heidegger scrive: "la teologia cri-

stiana � la cristianizzazione di una filosofia extra-cristiana, e... solo per questo

motivo questa teologia cristiana ha potuto anche essere nuovamente secola-

rizzata" (cit. a p. 45). Siamo rinviati subito alla ontoteologia e al problema car-

dine che con Schelling viene in primo piano: quello appunto della libert�. Si

tratta altres� della valutazione del panteismo schellinghiano, basato sulla

identit� "v�vente" (e non medesimezza) di Dio e Tutto, di Dio e uomo

(V 'indipendente dipendente'), e sulla "finitezza strutturale dell'essere stesso".

La interrogazione radicale portata avanti da Schelling sul sistema, attraverso

la focalizzazione della fondamentalit� della libert�, viene a rinnovare la do-

manda sull'essenza dell'uomo, del mondo e di Dio, ovvero sull'essenza

dell'essere stesso. La finitezza di ci� che � in Dio tocca Dio stesso. E questo

Dio, che non � ma diviene se stesso, non � l'essere nel senso della mera pre-

senza (interesse decisivo di Heidegger per Schelling!), giacch� nell'essenza

dell'esser stanno il divenire, la libert� e il male. "L divenire - scrive Heidegger

- � un modo di custodire l'essere". Con Schelling si afferma pertanto un

nuovo concetto di creazione: divenire se stesso di Dio che richiede l'uomo e

con lui la libert� del bene e del male; libert� non � qui libero arbitrio, ma anzi

la necessit� suprema in seno al sistema, esso stesso per Heidegger struttura e

destino dell'essere. Il punto problematico decisivo � allora la opzione filoso-

fica di Schelling e di Heidegger, secondo cui la libert� dell'uomo non esclude


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Fondamento-abisso, libert�-necesita 125

la necessit�, anche se questa non � costrizione. Per brevit� si pu� citare diret-

tamente Schelling, che a sua volta evoca il De servo arbitrio di Lutero: "Che

Giuda divenisse traditore di Cristo, non lo poteva cambiare, n� lui stesso n�

una creatura, e tuttavia egli non trad� Cristo per costrizione, ma volontaria-

mente e in piena libert�". In altre parole, non c'� costrizione n� puro caso, ar-

bitrariet�. Esposito spiega: "Gli � che la necessit�, per Heidegger come per

Schelling, � una dinamica tutta immanente all'essenza, � l'essenza stessa di un

ente che esiste volendo se stesso. La necessit�... � un concetto di auto-movi-

mento, un divenire, appunto, il cui contenuto - ci� che diviene - consiste in

una progressiva immanentizzazione della propria essenza " (p. 87). Ma se si

ammette per un momento questo, e si aggiunge anche la "necessit� epocale",

il "destino" e cos� via, non risultano necessariamente deboli le obiezioni che

poi vengono mosse nei confronti della divinizzazione operata da Heidegger

di un essere che non � n� personale n� infinito, ma - nei termini di Esposito -

non-sussi stente, necessario e insuperabile? O alla scomparsa della "realt� mi-

steriosa di una responsabilit� personale"; o, ancora all'offuscamento della

"umanit� stessa della libert�" (p. 96)?

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