lunedì, ottobre 12, 2020

LEOPARDI dolore-soffre



La difficoltà è  d'individuazione del percorso filosofico di Leopardi è forse dovuto all'innovazione che egli apporta al modo di filosofare, di pensare la filosofia e di considerare l'uomo.  

Questa difficoltà pare insormontabile; se poi si guarda alla
frammentarietà  dello 
Zibaldone, alle sue dimensioni, si resta sconfortati, nonostante gli
indici.
Non ci sono divisioni in capitoli, nei titoli, lo Zibaldone sfugge a
questo schema, appare piuttosto come un pensiero in movimento,
contraddittorio, razionalmente inafferrabile, definibile solamente
aggrappandosi alla poesia. 

 Ed in parte è così. Qualunque tentativo di
racchiuderlo è destinato a fallire, proprio per il fatto che è altro da
ciò che significava fare filosofia fino ad allora, ed anche oggi alcuni
storcerebbero il naso al pensare Leopardi tra il gotha del pensiero
contemporaneo.
Già davanti all'idea ricorrente del suo pensiero, in molti dovranno
ricredersi.
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CAPITOLO I:
IL NULLA COME POSSIBILITA'
7
Il nulla in Leopardi è  costitutivo, è l'apertura sulla quale si pone il
divenire, ed anche nella quale si dissolve.
E' proprio l'infinita possibilità del nulla a rendere possibile
l'individuarsi di un essere contingente e, all'interno di esso, l'apparire dell'essere più è possibile che esista, l'uomo, con le sue altrettanto possibili e infinite conformazioni sociali, culturali,
politiche, morali, estetiche. Non esistono contraddizioni nell'infinita
possibilità, né all'interno delle sue conformazioni, contraddizione si
avrebbe soltanto se l'uomo non si accettasse come essere possibile,
ed è una contraddizione interna alla ragione: Leopardi affronta fino
in fondo questa contraddizione, "nulla al ver detraendo"
superandola, andando sempre oltre dove lo si voleva cercare, o
trovare forzatamente.
Leopardi già presagiva che "obblio preme chi troppo all'età propria increbbe"
3
Socrate aveva subito la stessa sorte.
L'Atene leopardiana è l'umanità, la sua renitenza ad accettare che
solo la possibilità è costitutiva del tutto.
Sergio Givone parla, con Leopardi, di ontologia del nulla,
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Canti, La ginestra, v.115, pag.203, in Leopardi "Tutte le poesie e tutte le prose" a cura di Lucio Felici e
Emanuele Trevi, 1997, Newton & Compton editori, Roma. D'ora in poi TP.
3
Canti, La ginestra, vv.68-69, in TP, .pag. 202.
puro fatto reale"
5
Il principio delle cose e il nulla, tutte le cose sono possibili, e non c'è differenza tra tutte le possibilità tra tutte le perfezioni possibili, la conoscenza sintetica è sempre "a posteriori". 
In un altro passo Leopardi dirà che "Niente presiste alle cose. Né forme, o idee,
né necessità o ragione di essere, e di essere così o così. 
Tutto è posteriore all'esistenza"
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Le nostre idee di assoluto, di perfezione, vengono a crollare; l'unico assoluto è l'infinita possibilità:
" l'infinita possibilità è  l'unica cosa assoluta. 
Ell' è necessaria, e preesiste alle cose"  
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quindi se anche Dio esistesse si conformerebbe a questa unica necessità.
8
Alla finitezza dell'esistenza si contrappone l'infinità  del nulla: "Il nulla originario non è in alcun senso Grund, ma Abgrund, lo sfondo
`senza sfondo' di tutto"
9
Pare che il discorso leopardiano, il suo materialismo, non lasci
scampo, la durata delle cose "è un nulla rispetto all'eternità del suo
non essere"
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ma proprio come ogni discorso razionalmente
impeccabile porta alla necessaria pazzia, così un pensiero senza
5
Zib., 1341-42, 18 Luglio 1821
6
Zib., 1616, 3 Settembre 1821
7
Zib., 1623, 3 Settembre 1821
8
Emanuele Severino, Cosa arcana e stupenda, cap.VI par. II, 1997, Rizzoli, Milano. Severino dedica un capitolo al riguardo, analizzando il
Cristianesimo come possibilità infinita.
9
Gianni Scalia "Leopardi e la cognizione del nulla, pag.228, in "Leopardi e il pensiero moderno", a
cura di Carlo Ferrucci, 1989, Feltrinelli, Milano.
10
Zib., 4130, 5-6 Aprile 1825
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rende tutti gli esseri possibili assolutamente perfetti, cioè perfetti
per se, aventi la ragione della loro perfezione in se stessi, e in questo, ch'essi esistono così, e sono così fatti; perfezione indipendente da qualunque ragione o necessità estrinseca, e da
qualunque preesistenza. Così tutte le perfezioni relative diventano
assolute, e gli assoluti in luogo di svanire, si moltiplicano"
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Mi preme affermare la limpidezza del pensiero leopardiano, un
pensiero cristallino fino nei meandri più nascosti dell'essere e delle
nostre paure; una semplicità spiazzante detta il ritmo delle sue
intuizioni e la profondità della sua indagine:
Pare che solamente
quello che non esiste, la negazione dell'essere, il niente, possa essere
senza limiti, e che l'infinito venga in sostanza a esserlo stesso che il nulla.  
Pare soprattutto che l'individualità  dell'esistenza importi
naturalmente una qualsivoglia circoscrizione di modo che l'infinito non ammetta individualità e questi due termini sieno
contraddittorii; quindi non si possa supporre un ente individuo che non abbia limiti"
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Lo stare, l'esistere, l'individuarsi dell'essere ne annuncia la sua contingenza, la sua finitezza. L'essere di cui si
predicava infinita, onnipotenza, necessità, si ritrova contingente: da
universale (in senso metafisico, poiché anche "quest'universo" 
15
Zib., 1792, 25 Settembre 1821
16
Zib., 4178, 2 Maggio 1826
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La contraddizione è viva e presente nella natura: "Non può una
cosa insieme essere e non essere, pare assolutamente falso quando
si considerino le contraddizioni palpabili che sono in natura"
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All'immobilità e alla finitezza dell'essere si contrappone l'infinito  
e la dinamicità del nulla, ad un essere perfetto ma morto se ne
contrappone uno vivo ma mortale.
La rivoluzione copernicana è solo la continuazione di un rapporto
uomo-universo che si evolve sin dalle prime civiltà, forse Leopardi
sorriderebbe oggi al sapere che la maggior parte del nostro universo
è costituito da materia ed energia "oscura", chi può più considerare
pessimistica allora questa affermazione illuminante: "il tutto
esistente è infinitamente piccolo a paragone della infinità vera, per
dir cos'è, del non esistente, del nulla."
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Certo, Leopardi travalica
l'universo fisico, i suoi universi sono fisici, sociali, estetici, morali,
politici ecc. ma questa corrispondenza postuma tra fisica e filosofia
non ci sorprende più di tanto, si è di nuovo alle origini della filosofia.
Dopo i "fisici" presocratici c'e' il "fisico" Leopardi che identifica nella
infinita possibilità l'unica (non) causa del (non) Tutto.
Il nulla di Leopardi è solido, tanto solido che ci circonda, si è 
immersi in esso, ci si sta in mezzo: "Io era spaventato nel trovarmi
19
Zib., 4099, 3 Giugno 1824
20
Zib., 4174, 22 Aprile 1826
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in mezzo al nulla, un nulla io medesimo. Io mi sentiva come
soffocare considerando e sentendo che tutto è nulla, solido nulla."
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E' un nulla fisico, che coinvolge tutti gli altri livelli dell'essere
umano. Dopo la fine dell'antropocentrismo è la stessa materia a
perdere il ruolo centrale nell'universo.
La materia è solo una possibilità del nulla, che è la vera sostanza
di cui sono fatte tutte le cose. L'uomo è un colonizzatore del nulla,
colonizzatore nel senso fisico-architettonico, nel senso poetico-
artistico, nel senso del poter essere-vita: i nostri mondi si estendono
su quest'abisso, un abisso che ci rende possibili, e solo grazie a quel
vuoto è possibile la nostra poesia. Alberto Caracciolo in un paragrafo
del suo "Leopardi e il nichilismo"
22
coglie questo rapporto essenziale
che lega Leopardi ad Heidegger: "Il Nulla [heideggeriano], (...)
rivela il mondano nella sua mondanità e lo nientifica, disgelando la
totalitàdel reale nella sua struttura ultima (...) [Come in
Heidegger] Anche il Nulla leopardiano si trasforma in Essere,
anch'esso genera angoscia e pace; anch'esso (...) può essere
frainteso e confuso col "nulla" del pessimismo e del nichilismo"
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Zib., 85
22
Alberto Caracciolo "Leopardi e il nichilismo"- par.3 "Il Nulla di Heidegger e il nulladi
Leopardi".1994 Bompiani. Questo testo è molto interessante per alcune interessanti intuizioni, che per�
in molti casi rimangono allo stato embrionale, lo stesso paragrafo citato � costituito da una sola pagina,
seppur densissima e illuminante.
23
C.s., pag.49.

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